venerdì 29 maggio 2009

Buio

Oggi ho aperto di nuovo la porta oscura. Davanti a tutto quel buio sono rimasta avvilita, scoraggiata, attonita.
Ho cominciato ad innervosirmi, cercando la luce, uno spiraglio, qualcosa a cui aggrapparmi.
Davanti a me il nulla. Il buio mi terrorizza. Il timore di non sapere cosa c'è oltre l'oscurità.
La situazione è diventata estenuante.
Solo un colore sono riuscita a vedere, il rosso. Sangue che cola lungo la mia anima, dolore passato, mai scordato. Dolore che mi distrugge dentro e che mi fa provare paura di me stessa.
Improvvisamente un lieve raggio di luce ha sfiorato il mio occhio sinistro. Anche se è stato un raggio debole, mi ha accecata, infastidita. La luce mi ha causato dolore agli occhi. Quasi come se preferissi il buio.
In pochi attimi mi sono abituata a quella brillantezza e mi sono ritrovata in una stanza vuota, silenziosa, sola come me.
In silenzio mi sono promessa per l'ennesima volta che non sarebbe più accaduto.
Fuori nessuno si è accorto di nulla.

domenica 24 maggio 2009

Mondo

Camminavo sul lungo Po, insieme a quelle persone legate alla mia vita da uno strano destino.
Davanti ai miei occhi sfilava molta gente che apparentemente sembrava tutta uguale. Indossava abiti simili, stessi capelli, stessi modi di parlare.
Ogni tanto incrociavo qualche spirito estraneo a quel contesto. Istintivamente l'avrei seguito, spinta dalla motivazione che avrebbe potuto insegnarmi qualcosa. Ho sempre voglia di conoscere animi particolari, differenti dal mondo e anche da me.
In mezzo a tante marionette mi sentivo a disagio. Un modo completamente opposto al mio modo di vivere. Un mondo fatto di apparenza, delinquenza e nient'altro.
Continuavo a buttare un occhio verso quel fiume sporco, come questo presente.
Quando mi sentivo persa, cercavo con lo sguardo quelle persone che sono i miei amici, coloro con cui ho scelto di condividere la mia vita, coloro che mi accettano per quella che sono.
Ed ecco che in me tornava il sorriso. Sì perchè gli amici servono anche a questo. Non farti sentire sola in determinati momenti.
Ho continuato a vagare per molte ore.
L'unica cosa che ho imparato ieri è che sono sempre più contenta di essere, come mi definiscono in molti, strana, complicata e diversa.

giovedì 21 maggio 2009

Tu

Sedute ad un tavolino di un bar, ti guardo, mentre porti un bicchiere pieno d'acqua alle tue labbra sottili.
Mi poni qualche domanda, osservando quel liquido trasparente, come se volessi affondare i tuoi dolori nasconti, lì dentro.
Interessata a quello che ti racconto, mi ascolti. Ascolti sempre tutto ciò che esterno, dimenticando talvolta notizie futili.
Per un istante mi allontano da te, dalle tue parole, dal mondo che mi gira intorno. Vengo rapita dai tuoi occhi. Mi immergo in essi. Sono talmente penetranti e veri da lasciar trapelare la tua fragilità, la tua sofferenza.
Eppure ti mostri sorridente, felice. In questo modo riesci ad ingannare i superficiali o chi non ti scruta a fondo.
Io conosco il tuo passato, le montagne che hai dovuto scalare, le salite che hai dovuto percorrere, i mari che hai dovuto attraversare. Tutto da sola. Già, perchè nessuno ti ha aiutata a raggiungere tutti gli obiettivi di cui oggi puoi vantarti e che fanno di te un animo lodevole e pregevole.
Lungo il cammino della mia vita, tu sei quell'amica che è sempre stata presente ad ogni mio dolore e ad ogni mia gioia.
Illuminavi le mie vie buie, porgendomi la tua mano. Mi accompagnavi in questo universo crudele e se cadevo eri pronta a rialzarmi da terra.
Sapevi sdrammatizzare ogni situazione critica, trattando, però, i miei problemi come esistenziali.
Molte lacrime ho versato sulla tua spalla. Seminavo dolore, ma raccoglievo i tuoi sorrisi.
Credimi, è straordinario vederti sorridere.
Ti vedevo come il mio maestro. Colei che mi avrebbe aiutata, salvata.
Le tue parole, ancora oggi, le porto dentro me, come insegnamenti di vita.
In questo bar ti ho ritrovata. Mi mancano le nostre "chiacchierate" su un balcone fumando sigarette, mentre tutti dormivano; mi mancano i nosti viaggi, le nostre ragazzate, i nostri capricci.
Siamo cresciute, ma abbiamo affrontato varie tappe della nostra vita insieme, legate da un problema in comune. Anche se non ne abbiamo mai parlato.
Per oggi il tempo a nostra disposizione è finito. Dobbiamo rientrare nella vita di tutti i giorni.
Vorrei dirti che ti voglio bene, ma salutandoti non lo faccio.

lunedì 18 maggio 2009

Mamma

Dai tuoi occhi sinceri e profondi traspare saggezza. Saggezza acquisita con l'esperienza talvolta dolorosa, come la perdita di una madre. Quel vuoto nessuno è riuscito a colmarlo.
Eppure hai saputo donare ai tuoi figli tutto l'amore possibile, luminoso e grandioso.
Tu eri presente nei loro momenti critici.
Sovente, senza dire una parola. Un solo sguardo dolce o un abbraccio istintivo li faceva sentire protetti, sicuri dal mondo e dal dolore che potevano provare.
Le tue braccia immense erano sempre pronte ad accogliere i tuoi piccoli, difendendoli da quel buio oscuro in cui si nascondevano i loro mostri.
Spesso i figli non capiscono i sacrifici dei genitori e, nei momenti di rabbia, le uniche persone su cui riescono a sfogare la propria ira sono quelle che le hanno messe al mondo.
Nonostante questo tu apparivi sempre sorridente con loro, fingendo di non sentire quelle spine nell'animo.
Ci tengo a precisare alcune cose che non ti dirò mai.
Sul muro del mio cuore, impresso con un tatuaggio, c' è solo il tuo nome.
Ti chiedo scusa per tutte quelle volte in cui ti ho ferita e in cui ti ferirò; per i miei silenzi e per il dolore che ti ho provocato con i miei problemi.
Come ultima cosa ti dico che tu non sei la causa del "mio male". Tu sei l'unico motivo per cui, in questi anni, ho trovato la forza di andare avanti.
E se oggi sono qui, lo devo solo a te, Mamma.

domenica 17 maggio 2009

TERESA

Marco gioca con un accendino di Dylan Dog, trovato sul tavolo di Teresa.
Ogni tanto gira la testa verso il cubo colorato, rivolgendo l'attenzione a ciò che stanno trasmettendo e cioè "I Simpson". Scambia qualche battuta ironica con Alex, il fratello di Teresa, che è seduto sul divano, e poi torna a far girare quell'accendino sul tavolo di vetro.
Teresa è sul balcone che fuma una sigaretta. Non gli toglie gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, senza accorgersi che sta rischiando di rigare il vetro del tavolo con l'accendino.
Continua ad osservarlo dalla porta-finestra, portando, nervosamente, alle sue labbra carnose una camel light.
Nonostante tutto il dolore che le ha causato, continua a conservarlo nel cuore, amandolo di un amore sbagliato e malato.
Per la prima volta riesco a vederla indifesa. Sembra essersi liberata della maschera che indossa tutti i giorni per affrontare il mondo.
Sento la sua solitudine, il suo dolore.
Dai suoi occhi così scuri e profondi, riesco a vedere tutto ciò che prova e che sente.
Vorrei riuscisse a staccare l'ancora che la tiene legata al suo passato, a quel segreto così crudele e a quelle sofferenze che solo una persona forte come lei può superare.
Per un attimo i suoi occhi incrociano i miei. Sembrano volermi chiedere aiuto, sembrano dirmi che non ce la fanno più a sopportare dei pesi così grossi. Ma come? Proprio lei che giorno dopo giorno mi aiuta ad uscire dal mio buio? Che mi ha insegnato a parlare, che mi ascolta e mi consiglia, cercando di farmi ridere?
In quel preciso istante le vado incontro, accendendomi una chesterfield. Vedo scenderle una lacrima che lentamente va a morire sul suo piccolo naso.
Vorrei stringerla a me, forte da farle sentire che io ci sono e non per pena o tenerezza, ma semplicemente perchè le voglio bene. Vederla sorridere anche solo per una mia sparata, mi fa apprezzare di più la vita.
Vorrei spiegarle che sono stata egoista. Presa dai miei mille casini, non ho pensato che anche lei potesse vivere male.
Non riesco ad abbracciarla. In questi scambi di tenerezza non sono brava. Così le sfioro i capelli in modo delicato, da farle capire che sono presente.
Non riesco a dirle nulla. La mia mente sembra svuotata ed il mio silenzio più forte di un'esplosione.
Teresa si sta buttando via, finendo sempre in storie sbagliate con uomini che non sanno darle il giusto valore e rispetto. Lei crede di non meritare nulla.
In realtà merita molto di più. Se solo potesse vedere con i miei occhi ciò che vedo in lei, riacquisterebbe tutta l'autostima.
Questo è tutto ciò che dovrei dirle a voce, mentre Marco, ignaro di tutto, continua a ridere e parlare con Alex, senza mollare un attimo quell'accendino.


giovedì 14 maggio 2009

Profumo

Questa sera, mentre scendevo le scale, con la sigaretta in mano, ti ho pensata.
Ho pensato a te, a me, a quelle sere in cui ci incontravamo, con la scusa di una sigaretta, per il piacere di trascorrere del tempo insieme.
Ricordo che quando mi vedevi, mi stringevi forte a te. Il mio viso sprofondava tra i tuoi capelli che odoravano di quel profumo dolce, ma allo stesso tempo amaro. Quel profumo che non mi piaceva. Te lo ripetevo spesso. Tu mi ammonivi, dicendomi che non capivo nulla. E ridevi, ridevi. Mi piaceva vederti apparentemente serena. Il tuo sorriso è ancora impresso nel mio cuore.
Trascorrevamo il tempo sotto un portico.
Alcune volte, restavamo in silenzio, un silenzio carico di domande e di tanta rabbia. Ci capivamo lo stesso, come se le nostre anime discutessero tra loro mentalmente.
La maggior parte delle volte ci raccontavamo delle nostre paure, di quello che provavamo e degli avvenimenti della giornata.
Eri l'unica persona con cui riuscivo a confidarmi, senza nessuna difficoltà. Tiravo fuori i mattoni dal mio stomaco, in maniera spontanea.
La vita, però, passa velocemente e davanti a i nostri occhi sono trascorsi due anni troppo lunghi per amiche che hanno un legame talmente forte da sentirsi sorelle.
Le nostre vite hanno preso strade diverse.
Ora sono seduta sotto il nostro portico. Tutto mi riporta a quelle sere. La temperatura mite con un leggero venticello, il cielo stellato e l'odore del fumo.
Qualche mese fa ho comprato quel profumo che odiavo tanto. Sentirlo mi rassicura. Mi fa credere che tu sei ancora al mio fianco che appoggi la tua testa sulla mia spalla.
In questa sera avrei proprio bisogno di te amica mia.

lunedì 11 maggio 2009

Paure

E così sto cercando di imparare a vivere.
Come un bimbo comincia a camminare, io cerco di assaporare i primi attimi di vita vera.
Sembra così facile. In realtà è molto più semplice morire, uccidersi in svariati modi, che essere in grado di vivere. Il modo più atroce di vivere è quello di sentirsi morti dentro.
Questo è ciò che accade quando prevale l'oscurità.
Oggi però sono stanca.
Ho voglia di sentire e provare tutto, senza paure.
Vorrei lasciare che il freddo sbatta contro il mio viso, senza paura di ammalarmi; vorrei lasciarmi accarezzare dalla neve, senza paura di bagnarmi; vorrei camminare sotto il sole, senza paura di prendere un'insolazione; vorrei nuotare nel mare senza paura di annegare; vorrei girare per le strade, senza paura di essere aggredita; vorrei addormentarmi, senza paura di riscoprire il passato dai sogni; vorrei fidarmi della gente, senza paura di essere tradita.
Vorrei una vita senza paure, una vita complessa, ma semplice.
Non una favola. Una vita. La mia vita

domenica 10 maggio 2009

Scrivere

Il mondo di oggi non mi piace. Non mi va stretto. Non mi entra proprio!
Vedo troppa superficialità per le vie della città, in televisione, tra giovani ragazzi.
Non riesco a non provare rabbia per questa società, dove anche i politici danno troppa importanza all’apparenza. Ciò che conta è far credere che tutto vada bene. Dobbiamo essere belli fuori ed attaccati ai beni materiali.
Non sono l’unica a vivere male in questa situazione.
Quello che noi proviamo non interessa a nessuno.
E allora non mi resta che scrivere. Scrivendo posso esprimere tutte le mie idee, senza essere interrotta nel mio discorso. Scrivendo posso immaginare un mondo tutto mio, fatto di mille colori. Con la maggior parte della gente altruista, che cerca di aiutarsi a vicenda. Un mondo dove i soldi non sono tutto, dove si vive bene, anche senza arricchirsi.
Ma posso anche scrivere sul mondo reale, su tutto ciò che mi disgusta, mi lascia senza parole e mi provoca sofferenza.
Posso scrivere di me, del mio passato complicato e dimenticato oppure del mio presente sereno. Ed infine scrivo di come vedo il futuro mio e del mondo.
Anche se i presupposti non sono dei migliori, la mia è una visione ottimistica.
Questo è un mondo in cui non riesco ad inserirmi, ma ciò non significa che io non ami vivere e non sappia godermi la vita.
Al contrario, riesco a ridere in qualsiasi momento.
Sorrido sempre al mondo.

venerdì 8 maggio 2009

ALESSANDRO

Alessandro restava immobile. Seduto su quella panchina da due ore, fissava l'erba secca per terra. In realtà il suo pensiero era rivolto a Stella, sua sorella.
La ricordava mentre giocava in mezzo agli altri bambini. Nonostante fosse attorniata da marmocchi, era sola, sola come lui si sentiva in quel preciso istante.
Non poteva credere a quello che le aveva raccontato pochi giorni prima. Non capiva come Stella avesse potuto tenere tutto dentro. Si sentiva in colpa per non averlo capito prima, quando gli altri bambini la escludevano, quando Stella passava le notti a piangere e quando restava in silenzio davanti a domande poste da estranei.
Lo sguardo di Alessandro si spostò al fiume. Per un attimo provò quella sensazione di rivendicare l'innocenza della sorella.
Ormai non si poteva più. La persona che le aveva causato del male era morta. Per la prima volta si sentì impotente al dolore della sorella.
Una lacrima gli scese e si appoggiò sul naso.
Alessandro si alzò e tirò un pugno contro un albero. La mano gli prese a sanguinare, ma lui non sentì dolore.
Tornò alla panchina. Si sedette e restò inerme ad osservare il sangue che colava, come se un po' di dolore uscisse proprio di là.

martedì 5 maggio 2009

Tradimento

Su di me, sento ancora il tuo sguardo severo che mi fissa. Quello sguardo, svariate volte, mi ha guidata, evitando di commettere gravi errori. Ma quello stesso sguardo era in grado di tramutarsi, esternando dolcezza e facendomi sentire protetta, forte e sicura di me stessa.
Ore passate a raccontarti del mio forte dolore, quel segreto che non riuscivo più a tenere dentro. Una sola speranza: tu, la donna che consideravo una seconda mamma, ti sei proposta di aiutarmi. Ti vedevo così forte e sicura di te, che mi son lasciata cavalcare dalle tue idee. Mi sono fidata di te.
Da questo momento, nella mia testa si è creato solo buio. Dolore, sofferenza, medici che mi hanno provocato ulteriori danni, amici che si sono dileguati ed io che mi sono ritrovata sola in un posto che non conoscevo, ad affrontare situazioni già vissute. Solo i genitori disposti ad aiutarmi, ma la vergogna di raccontare la verità superava tutto. Con la finzione sono ritornata alla normalità, se così si può definire.
Tutto è diverso nella mia vita, cambiamenti radicali. Non sono certa di aver superato un ostacolo così grande.
Una sola domanda:
"Perchè mi hai abbandonata nuovamente?"
Quando mi dicevi che per te ero una figlia io ci credevo davvero.
Il tuo sguardo scivola via...